VERDURE AUTUNNALI IN COTTURA DI LEGNO, ZABAIONE AL SIERO DI RICOTTA, DATTERI E NOCCIOLE
di Giancarlo Morelli
Morelli

“Verdure autunnali in cottura di legno,
zabaione al siero di ricotta, datteri e nocciole.”
Aspettiamo lo chef Giancarlo Morelli nella hall dell’Hotel VIU Milano, da un po’ di tempo speravamo di riuscire a fissare questo incontro e siamo piuttosto emozionate.
È ora di cena quando lo chef ci viene incontro per accompagnarci nelle cucine del ristorante e la sala è già in piena attività. Non ci era ancora capitato di fare la nostra intervista durante il servizio e bisogna dire che vedere quest’enorme cucina in produzione con le ordinazioni che arrivano e la brigata che risponde con un sonoro “Si chef!” a ogni istruzione impartita, è uno spettacolo un po’ magico.
Mentre montiamo il set ci guardiamo intorno: nonostante il fermento, regnano un ordine e un silenzio irreali. Ci sono in linea diverse preparazioni tra cui alcune che ci piacciono moltissimo perché assomigliano molto a dei piccoli boschi e, come scopriremo dopo, è esattamente ciò che vogliono rappresentare.
Davanti alla cucina troneggia un grosso tavolo di legno apparecchiato di tutto punto, per chi desiderasse provare l’esperienza di mangiare godendosi contemporaneamente lo spettacolo della brigata al lavoro. È qui che incominciamo la nostra intervista.
Nonostante sia diviso tra le istruzioni da dare e i clienti da salutare, lo chef ci offre la sua piena attenzione chiedendoci i dettagli del progetto e, una volta capito il punto della nostra ricerca, ci coinvolge in un racconto bellissimo che abbraccia tutta la sua filosofia di cucina.
Con il suo modo pacato e gentile di parlare comincia a raccontarci i due piatti che ha fatto preparare per noi e lo fa tenendo un menu in mano.
I nomi dei piatti ve li leggo da qui per non sbagliare o dare interpretazioni strane. Siccome io sono uno che improvvisa molto preferisco prendere la dicitura esatta dal menù: il più delle volte i piatti li penso in un modo ma poi li faccio in un altro.
La prima pietanza che fotografiamo è un’orata di lenza con cavolo rosso fermentato, salsa di rafano, semi di lino e olio al mandarino. Una meraviglia. Ma lo chef sembra essere decisamente più interessato alla seconda, quella che vede come simbolo del lavoro che sta facendo in questo momento: la “celebrazione dell’assoluto valore della natura”.
La parte scura che vedete rappresenta la terra, sotto la quale nascono tutte le cose buone che vengono poi spinte fuori dalla vita formando un arcobaleno pieno di colori.
La dicitura esatta sarebbe questa secondo me. Però sul menù ho scritto: “Verdure autunnali in cottura di legno, zabaione al siero di ricotta, datteri e nocciole”.
Le verdure vengono cotte al barbecue con la legna, per conservare tutte le proteine e i nutrienti naturali. La presentazione infatti è stata pensata per richiamare il concetto di rispetto della terra, dell’uomo e del ciclo della natura. Lo chef ci spiega che il rispetto è uno dei concetti chiave su cui fonda il proprio lavoro. Ciò che definisce “chilometro buono” significa utilizzare principalmente prodotti locali che derivino sempre da lavorazioni e processi corretti nei confronti della natura e delle persone che lavorano.
Il rispetto in cucina significa soprattutto offrire al cliente qualcosa che lo faccia stare bene: per questo la gente va al ristorante, non certo per sfamarsi. È molto importante controllare ogni parte della catena che sta dietro all’alimentazione: a partire dal produttore, passando per il nostro lavoro e infine arrivando al pubblico finale.
Nella sua visione di cucina è essenziale e saper usare bene tutti gli ingredienti senza mai esagerare. Tutto ciò che è di buona qualità fa bene in piccole dosi, ma tutto fa male quando si esagera.
Ciò che è naturale è sempre edibile se trattato in maniera opportuna: la natura in alcuni casi deve essere addomesticata. La patata, ad esempio, è diventata commestibile solo dopo molti incroci e ora sta alla base di tantissimi tipi di cucina.
La melanzana fino a quattrocento anni fa non si mangiava, la chiamavano malanzana proprio perché faceva male.
Quando chiediamo come nascono i suoi piatti, capiamo che per Morelli la cucina è un lavoro di squadra: tutte le idee vanno messe a frutto e lo chef deve indicare la direzione per farlo.
Chi ha in mano la bacchetta per dirigere l’orchestra deve dare delle note, su queste poi si lavora insieme. Sarei un bugiardo se dicessi che i piatti vengono inventati interamente da me, perché ogni idea nasce dall’insieme di spunti che provengono da tante persone o esperienze diverse.
Ci indica una lavagna, appesa in bella vista davanti al bancone della cucina. Sopra sono scritte alcune parole chiave che chi lavora nella cucina deve sempre tenere a mente e lasciare che siano lo spunto su cui sviluppare nuove idee. Il piatto che abbiamo fotografato oggi è nato da una lavagna precedente, le cui indicazioni inducevano a ricreare l’ordine della natura cercando di sofisticarla il meno possibile.
La natura mette tutte le cose al loro posto, siamo noi umani che la scombiniamo. Se lasciamo crescere le cose dalla terra mantenendo i colori che hanno in natura, l’autunno avrà esattamente quelli che vedete. Tra poco questo piatto dovrà cambiare, dovremo ripensarlo con ingredienti primaverili e quindi anche il suo aspetto cambierà.
Questo racconto spiega perfettamente i piccoli piatti-bosco che vediamo passare davanti a noi e che vengono ordinati in continuazione. Scopriamo che si chiamano Stuzzichini e vengono impiattati su del vero muschio.
Scambia ancora qualche chiacchiera con noi mentre, dopo aver messo il piatto in tavola, ci invita ad assaggiarlo offrendoci un buon bicchiere di vino. Lo sapete: la critica culinaria non è il nostro mestiere. Ma possiamo dire di essere state molto molto felici.