TRIBUTO A MONDRIAN
di Giuseppe Postorino
Da noi in

“Gamberi di Mazara e scomposizione di salsa cocktail: centrifuga di lattuga baby romana, cognac in gelatina, maionese, pappa al pomodoro, acciuga del Cantabrico, sferificazione di acqua di acciuga, acetosella, finger lime, polvere di cappero e di pomodoro.”
Da noi in è un ristorante elegante situato all’interno dell’Hotel Magna Pars in zona Tortona a Milano. Da poco più di un anno Giuseppe Postorino ne è diventato ufficialmente lo chef e con grande gentilezza ed entusiasmo accettato di partecipare a Sublime e incontrarci.
Ci accoglie con un buon caffè, seguito a ruota da un vassoio pieno di piccola pasticceria da colazione e mini ciambelle colorate preparate da lui, guadagnandosi immediatamente tutta la nostra simpatia e piena attenzione.
Iniziamo chiedendogli cosa significhi fare lo chef di un ristorante all’interno di un hotel.
Quando da Monza Brianza ho deciso di spostarmi a Milano la vedevo come fosse New York, desideravo tanto lavorare in una delle grandi brigate che apparivano sui giornali. Dopo alcune esperienze ho capito che la dimensione del ristorante interno a un hotel mi corrispondeva perché richiede di sperimentare tante sfumature di cucina che vanno dalla colazione fino alla cena.
Ci spiega che un tempo questo tipo di ristoranti erano vincolati ad una cucina molto classica mentre oggi portano avanti un progetti più complessi in cui classico e moderno possono mescolarsi con grandi margini per la creatività. Le aspettative dei clienti in questi contesti sono piuttosto specifiche, motivo per cui le ordinazioni avvengono principalmente attraverso il menu e funzionano meno i percorsi di degustazione.
Ho lavorato tanti anni nelle trattorie e con colleghi come Diego Rossi, Federico Sisti e Michele De Liguoro condivido la filosofia delle materie prime ottime lavorate il meno possibile. Rispetto a quel contesto però io utilizzo più contaminazione culinaria, perché il cliente viaggiatore ricerca gusti nuovi ed è abituato a provare cose diverse.
Quindi uso registri classici, contemporanei, internazionali e aggiungo qualcosa di mio: i miei guizzi.
A proposito di “guizzi” ci accompagna in cucina dove inizia a preparare il piatto che presenterà oggi: “Tributo a Mondrian”.
L’idea nasce durante una mostra in cui ho sentito nell’ordine delle linee una grande pace, il piacere visivo dei colori contenuti bene e delle sfumature primarie immerse nel bianco. Ordine, pulizia e armonia ottenute attraverso una struttura non regolare.
Il piatto rappresenta l’arte che entra in cucina, assumendo una forma tattile e gustativa che si pone in maniera interlocutoria rispetto al cliente chiamato ad assaggiare un vero e proprio quadro. Un’opera in cui coesistono sia il concetto dell’artista che lo ha ispirato sia quello del cuoco che l’ha creata.
Tecnicamente la pietanza riproduce una salsa cocktail scorporata in maniera estrema, le cui componenti vengono inserite nei diversi riquadri.
Ho diviso gli ingredienti perché l’armonia di cui Mondrian è maestro si basa sulla distinzione degli elementi che si riuniscono poi nell’esperienza dello spettatore che deve ricrearlo e ricomporlo con il suo sguardo. Ognuno lo fa a suo modo partendo da un punto diverso.
Allo stesso modo, in questo piatto il sapore cambia a seconda del tipo di forchettata che si raccoglie. Per far capire come va mangiato io dico sempre che si dovrebbe partire con Mondrian e finire con un Pollock.
Lo chef ci spiega che la creazione dei suoi piatti avviene spesso in maniera istintiva, soprattutto per quelli più creativi e artistici. Gli schizzi su carta servono più che altro a fissare un ricordo o un’intuizione che desidera usare in seguito e ciononostante l’estetica svolge un ruolo fondamentale nelle sue composizioni.
Come diceva sempre mia mamma “un cliente mangia prima con gli occhi”: un piatto che da piacere a livello visivo, ti predispone all’assaggio e crea un’attesa che è già una forma di percezione del gusto.