di Andrea Provenzani
Il Liberty

Sublime food design piatti Andrea Provenzani

Parmigiana di melanzane avvolta nella pasta fillo
con pomodoro al naturale, basilico, Grana Padano,
stracciatella e fili di zucchina croccanti“

Il Liberty, un tempo decorato ed arredato sul modello di un bistrot francese, di recente è stato completamente modernizzato con pareti blu, parquet scuri ed inserti di ferro tra cui le bellissime lampade disegnate dall’architetto Carlo Donati. Il tutto punteggiato da dettagli eleganti e coerenti con il nome del locale come le tavole liberty di inizio secolo appese alle pareti o il pattern dei pannelli in tessuto. Questo locale ha da poco compiuto quindici anni ed è il luogo in cui lo Chef Andrea Provenzani ha voluto esprimere il proprio progetto di cucina, connotato da una forte identità ed un equilibrio molto ben calibrato tra la tradizione e l’innovazione.

Bisogna sempre costruire basi solide: sapere bene chi sei e dove vuoi andare. Gran parte della mia cucina proviene dalla tradizione familiare, un’eredità a cui un tempo non davo peso perché inizialmente si cerca sempre la propria strada attraverso la ribellione. Poi però arriva un momento in cui ti accorgi che ciò che ti viene trasmesso da piccolo è la tua matrice e te la porti dietro in tutte le cose che fai.

Il Liberty propone un menu che presenta alcuni piatti fissi, presenti dodici mesi all’anno, sui quali si costruisce la fiducia del cliente e la riconoscibilità della cucina.

Spesso si va al ristorante per esplorare, esponendosi a grandi scoperte o a terribili débâcle. Altre volte invece si desidera cenare con persone care o fare una riunione di lavoro tranquilla e, in quei casi, si sceglie un posto a cui si è affezionati e di cui ci si fida. Il Liberty è uno di questi posti.

Al menu classico si affiancano poi scelte stagionali e piatti nuovi in continuo cambiamento. Si tratta delle sperimentazioni e delle novità che, sulla base della fiducia acquisita, lo chef propone ai propri clienti, fino ad arrivare alla formula di fidelizzazione assoluta che è il “Menù alla cieca”:

È una formula che a noi piace molto perchè il cliente si affida come se fosse un ospite in casa nostra e ci da la possibilità di costruire per lui un percorso che gli permetta di assaggiare molti piatti diversi abbinati ai vini giusti.
Apprezziamo molto la curiosità e la stima che ci viene dimostrata in questo modo.

Quando le preparazioni di base sono pronte, lo chef va nella cucina a vista a preparare di persona l’impiattamento della ricetta che ci proporrà oggi: la Parmigiana di Melanzane “incartata”, uno dei piatti storici de Il Liberty.

Nonostante la cura e l’attenzione per il suo piatto e la serietà con cui descrive il proprio lavoro, Andrea Provenzani sembra piuttosto insofferente nei confronti dello Star System che si è creato negli ultimi anni riguardo al cibo e agli chef. Per lui la cucina è un lavoro corale, fatto di tante figure tutte indispensabili, non il palcoscenico di un unico attore.

Ho cercato di costruire un modello di ristorazione solido e sostenibile, basato sulla qualità delle materie prime e del lavoro che viene svolto. È un mestiere massacrante con il quale devi combattere duramente per ricavare spazio alla tua vita privata. Non vale la pena di farlo per moda. Per me la cosa importante è costruire un percorso che rispetti e tenga conto di tutto quello che ho intorno, sul lavoro e nella vita privata.

I modi dello chef sono eleganti ma in lui si intravede senza sforzo uno spirito agguerrito e irriverente, molto più interessato alla sostanza che all’apparenza. Dalla cucina si sente arrivare la musica degli AC/DC perché, ci viene spiegato, le ore di lavoro sono tante e il rock è ribellione e aiuta a mantenere il ritmo.

“Le gocce che vedete colare sull’involucro di pasta sono volute” è la prima cosa che ci dice mentre dispone il piatto sul limbo. Ci spiega che ha sempre avuto una passione per i cibi avvolti in qualcosa che ne nascondesse il contenuto, come i ravioli e come questa Parmigiana.

Il piatto arriva ed è raccolto, bello da vedere. Ma il cliente deve capire subito che dentro c’è dell’altro da scoprire: le gocce di stracciatella in questo caso sono l’indizio. A quel punto il piatto diventa cibo e va rotto, esplorato, consumato, assaporato.

Ci dà delle forchette e annuncia che il momento scenografico è finito: ora va spaccato, aperto e mangiato. Ora diventa una cosa vera. E deliziosa. Sono le dieci di mattina e noi finiamo, con immensa soddisfazione, a fare colazione con una parmigiana di melanzane mentre i ragazzi della cucina ci guardano divertiti.

Il nostro credo culinario è che non serve strafare per ottenere un buon piatto ma bisogna usare pochi ingredienti netti, decisi e che si riconoscano bene sia al palato che visivamente e olfattivamente. Normalmente non creiamo piatti troppo estremi, preferiamo generare l’imbarazzo della scelta che l’ansia di non sapere cosa mangiare.

Tuttavia non mancano alcune ricette più audaci, pensate proprio per far felici le persone che amano le cose un po’ particolari e che hanno un senso del gusto più ampio oltre che per dare libera espressione alle nuove idee dello chef.

Ogni tanto ho un’intuizione o sento la necessità dare una forma a un particolare ingrediente. Allora comincio a lavorarlo e magari lo contamino con nuove tendenze e tecniche moderne. È così che nasce un piatto nuovo.