SUBLIME:
RICETTE IN #CIBOGRAFICA

Le opere di quaranta grandi chef raccontate in illustrazioni

SCAMPI MARINATI, CAVIALE, VELI DI SEPPIA E SALSA ACIDULA

di Claudio Sadler
Sadler

Sublime food design piatti Claudio Sadler

Veli di seppia cotti a bassa temperatura, scampo marinato e battuto, caviale condito con olio, limone, caviale di yuzo e panna acidulata.”

“Claudio Sadler è uno degli chef più conosciuti in Italia”, comincia così la biografia pubblicata sul suo sito. Un ristorante a Tokyo, uno a Pechino, due a Milano e innumerevoli pubblicazioni. La presidenza dell’Associazione “le Soste” (che riunisce alcuni tra i maggiori chef italiani per condividere spunti e progetti sull’enogastronomia italiana d’eccellenza) e, naturalmente, l’insegnamento. Attività che sviluppa sotto forma di corsi per appassionati ma soprattutto nella formazione dei cuochi che lavorano con lui.

In effetti è quasi impossibile trovare qualcuno che non l’abbia sentito nominare e, mentre aspettiamo all’ingresso del suo ufficio, non sappiamo davvero che accoglienza aspettarci.
Lo chef si rivela subito molto affabile e, con grande disponibilità, ricava del tempo tra i suoi mille impegni e telefonate per ascoltare il nostro progetto e rispondere alle domande che gli facciamo. Ci accoglie in una stanza piccola e confortevole piena di faldoni, libri, fogli di appunti, riviste e quadri. “Tutto il mio lavoro si realizza su questo tavolo“ ci dice e inizia ad aprire i cassetti per tirarne fuori disegni e schemi dai colori vivaci.

Questi sono i bozzetti attraverso i quali creo i miei piatti: mi servono per arrivare in maniera diretta nell’immaginario del un cuoco con cui devo comunicare. È il modo più efficace per fornire molte informazioni che, a parole, potrebbero essere travisate o interpretate in una maniera diversa. Insegno questo metodo anche ai miei allievi: alcuni di loro sono diventati così bravi da usare persino gli acquerelli.

Ci racconta uno per uno i piatti che vediamo disegnati, ha i modi asciutti e gentili di chi è abituato a comunicare con la gente e a farsi capire in poche parole. Alla fine domanda quale piatto vogliamo rappresentare e, per un po’, ci perdiamo nell’imbarazzo della scelta. È un modo davvero insolito di trovarsi al ristorante: ordinare un piatto in base al disegno strutturale di un’idea cercando di immaginare come sarà il suo aspetto reale. Sarebbe molto bello un menù fatto con questi schemi colorati. Alla fine ne scegliamo uno, disegnato in sezione e con dei giochi di bianco e nero alternati a colori caldi.

Questo piatto mi piace molto. L’ho disegnato così perché visto dall’alto si appiattirebbe e non si capirebbero i volumi. Una volta facevo tutto a matita, ora invece uso anche pennarelli e pastelli: mi servono per capire bene la cromia del piatto. Soprattutto di quelli che hanno solo delle sfumature di un’unica tinta.

Con il disegno alla mano, lo chef chiama dalla cucina un cuoco a cui chiede di preparare il piatto e ne definiscono insieme i dettagli. Gli chiede di fermare la preparazione prima del condimento. Lo farà lui personalmente all’ultimo momento, dopo essersi fatto seguire da noi nell’enorme cucina dove regna un ordine quasi irreale.

Mentre dà gli ultimi tocchi alla pietanza, trasformandola in un piccolo gioiello, ce ne parla ancora un po’.

Si tratta di un piatto la cui forza si basa principalmente sulla qualità degli ingredienti. Un antipasto delicato da assaggiare con la bocca completamente pulita, leggermente inasprita da un po’ di spumante o champagne. Il sapore è molto suadente: un gioco leggerissimo di freschezza e fragranze. È una pietanza molto ricca e costosa, i veli di seppia impalpabili coprono il caviale creando delle trasparenze che gli danno un aspetto un po’ sexy…

Si tratta di un piatto “di concetto” in cui tante materie pregiate lavorano insieme e ciascuna deve essere esaltata con lavorazioni particolari come estrazione, frullatura, filtratura e cottura a basse temperature. Il tutto va poi assemblato in un’architettura perfetta che crei un equilibrio in grado di dare spazio ai diversi sapori.

Questi sono i piatti più difficili da capire, a volte per crearli fai una fatica immane e tuttavia ottieni un risultato molto inferiore alle aspettative oppure che non viene apprezzato dal cliente.

Nei piatti “di materia” invece, ci spiega lo chef, si punta tutto su un ingrediente eccezionale che, senza essere trattato più di tanto, costituisce in sé una pietanza perfetta e gustosissima.

Nonostante la forma finale sia magnifica, lo chef insiste sul fatto che il gusto debba sempre avere la priorità assoluta.

Mi piace ragionare sull’estetica del piatto ma questa non deve mai condizionare le mie decisioni riguardo al gusto: a volte i piatti possono non essere bellissimi purché siano buonissimi.

Per ottenere questo risultato il ristorante Sadler si concentra totalmente sulla freschezza e stagionalità delle materie prime, il menu infatti può arrivare a cambiare fino a sette o otto volte all’anno e sono pochissimi i piatti che ne fanno parte in maniera costante. L’altro punto focale della sua cucina è il recupero della tradizione e delle ricette regionali.

Noi cuochi abbiamo il grande compito di difendere la nostra eredità culinaria e, contemporaneamente, farla evolvere. La gente cambia e così anche il suo modo di apprezzare il cibo: riuscire a impostare un piatto di grande tradizione in maniera moderna è una bella sfida perché ti consente di rivisitare un piatto senza stravolgerne l’identità.

Con alcuni chef che condividono questa linea di pensiero e con cui c’è un’affinità lavorativa o personale, Sadler organizza delle “serate a quattro mani”.

Mi piace lavorare insieme agli altri anche se non è sempre semplice dato che i cuochi sono, per loro natura, molto individualisti. Ognuno di noi ha un modo diverso di interpretare la propria arte e quindi il lavoro a due, oltre a essere stimolante per noi, incuriosisce parecchio la gente.

Quando portiamo il piatto in sala per lo shooting ci soffermiamo a guardare un po’ in giro.
Ci troviamo all’interno del Ristorante Sadler, un locale dalle dimensioni ridotte e dall’atmosfera raccolta e molto elegante. C’è una saletta minuscola che accoglie solo un paio di coperti ed è separata dal resto del locale da una tendina dorata. Un posto perfetto per chi vuole fare una serata intima o una cena di lavoro in cui si desidera rimanere concentrati.
Nel civico a fianco, invece, si trova invece lo Chic and quick, l’altro ristorante di chef Sadler che, pur mantenendo la stessa filosofia e qualità è caratterizzato da un ambiente più informale e locali più ampi.

SADLER

Via Ascanio Sforza, 77
20141 MILANO

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