“PASTA E PISELLI, ERBE AROMATICHE E LIMONI SOTTO SALE” E “PISTACCHIO”
di Cesare Battisti e Luca De Santi
Ratanà

PASTA E PISELLI di chef CESARE BATTISTI
“Pasta, piselli freschi, erbe aromatiche e limoni sotto sale.”
PISTACCHIO di chef LUCA DE SANTI
“Crema e tortino al pistacchio, sorbetto al finocchio,
gelatina di camomilla e sablè al cocco.”
Quando qualche tempo fa abbiamo contattato Ratanà per avvisarli che erano stati segnalati da Viviana Varese e chiedere se desiderassero partecipare al nostro progetto, ci è stata proposta una doppia intervista. Un’idea molto interessante per noi, dato che ci avrebbe consentito di vedere il lavoro di una cucina da due punti di vista diversi.
A guidare la cucina, ci è stato spiegato, sono in due: Cesare Battisti è lo chef, mentre Luca de Santi è sous-chef e pastry-chef. Il loro lavoro è complementare e condividono una solidissima filosofia di cucina che caratterizza profondamente il locale.
Ratanà è collocato in un edificio storico, sede della Fondazione Riccardo Catella situato proprio davanti al bosco verticale. Immerso in un bellissimo giardino con fontane, giochi per bambini, pergolati e persino orti carichi di verdure di stagione. Ma dieci anni fa, quando Cesare Battisti ha deciso di aprire il ristorante non esisteva nulla di tutto questo.
All’epoca eravamo in piena crisi: qui intorno non c’era niente, solo la Stecca degli Artigiani e il Bosco di Gioia completamente abbandonato. Questa palazzina era così deteriorata da sembrare la casetta di un film horror! In tanti mi dicevano “Cesare, cosa stai facendo? Di qua non passerà mai nessuno!”. Invece i proprietari del terreno hanno portato avanti il piano in modo molto serio. Su progetto di Stefano Boeri hanno anche creato una nuova Stecca degli Artigiani che costituisce un primo esperimento di centro sociale internazionale.
Cesare si siede con noi e, davanti a un caffè, ci racconta con grande passione di come Ratanà sia nato sulla base di un pensiero molto articolato e coerente, a partire dall’arredo del locale per arrivare al tipo di menu proposto.
Per più di ottant’anni la palazzina è stata un deposito dei binari delle ferrovie Garibaldi. Poiché il nostro obiettivo era quello di conservarne l’anima, abbiamo ripreso gli stucchi del 1800 e affidato a Bagatti, bronzista che ha lavorato anche per il Teatro alla Scala di Milano, la realizzazione degli arredi con il ferro dei i binari abbandonati.
Ci spiega che dieci anni fa a Milano esisteva una grossa spaccatura tra osterie e ristoranti stellati. La sua idea è stata quella di posizionarsi nel mezzo con un’“osteria moderna” che figura tra i precursori di questo tipo di ristorazione, ora molto in voga, basata sulla conoscenza della tradizione e sul recupero dei sapori della memoria.
Il piatto che ha scelto di prepararci oggi si chiama Pasta e piselli, erbe aromatiche e limoni sotto sale, interamente giocato sulla qualità e stagionalità degli ingredienti, lavorati il meno possibile e bilanciati fra loro con grande delicatezza.
Ho scelto di presentarvi un piatto colorato che celebra l’arrivo della primavera e di tutte le materie prime straordinarie che porta con sé.
Ci spiega che la filosofia di cucina del Ratanà si basa sull’idea di educare le persone al consumo di cibi più salutari, genuini, naturali e sostenibili. Ad esempio vengono proposti diversi piatti a base di pesce di acqua dolce: una scelta che non solo valorizza le risorse del territorio ma, se affidata a produttori competenti, favorisce lo sviluppo di un itticoltura controllata e rispettosa dell’ambiente, attenta alla protezione delle specie.
La scelta dei fornitori è per noi di vitale importanza: qui dentro non entra niente che arrivi dalla grande distribuzione. Vogliamo sostenere chi lavora bene e cerca una qualità veramente alta. Ma non si tratta solo di questo. A me piace soprattutto investire su realtà che siano in grado, a livello imprenditoriale, di diffondere ed estendere un modello di produzione etico in cui qualità e sostenibilità sono messe davanti a tutto. La diffusione di questi sistemi, se incentivata, può arrivare a bonificare gradualmente il sistema di consumo insalubre e devastante per l’ambiente basato sul ribasso dei prezzi che si è affermato negli ultimi anni.
Una volta conclusa la chiacchierata con Cesare Battisti torniamo in cucina dove ci aspetta Luca de Santi, pronto a raccontarci la sua parte di storia e a mostrarci la preparazione di un altro magnifico piatto.
Sono una coppia interessante questi due chef: tanto uno è irruento quanto l’altro è pacato, ma, anche in questo caso, scopriamo una passione prepotente per la ricerca e la sperimentazione e un amore assoluto per le materie prime.
Sono un pasticcere che da più di dieci anni utilizza le verdure nei dolci, il primo esperimento in questo senso l’ho fatto nel 2008 usando dei carciofi. La dolcezza naturale di alcuni ortaggi mi consente di non aggiungere zucchero, ingrediente che utilizzo poco perché tende a coprire i sapori.
La sua carta si compone di cinque dolci, il numero giusto per poter lavorare bene poiché ogni piatto viene preparato al momento, in base alle ordinazioni.
Mi definisco un pasticcere da ristorazione: apprezzo il fatto che il mio pensiero e la mia espressione vengano giudicati immediatamente. Credo sia la parte più complessa del mio lavoro e, al tempo stesso, la migliore.
Il piatto che ci prepara oggi si chiama “Pistacchio” ed è composto da crema e tortino al pistacchio, sorbetto al finocchio, gelatina di camomilla e sablé al cocco.
I miei dolci sono sempre composti da almeno cinque o sei elementi, perché in un piatto ci vuole: freschezza, croccante, salato, amaro, acido e dolce; è da questo insieme che si trova l’eleganza vera. Il mio compito, a fine pasto, è quello di mandare a casa le persone con una bocca pulita e piacevole che lasci loro un bel ricordo della cena.
Siccome in questo lavoro bisogna anche divertirsi, ogni tanto prendo il telefono chiamo l’ortolano e gli chiedo cosa sta arrivando, in base alla risposta inizio inventarmi qualcosa di nuovo. Mi piace cambiare seguendo la stagionalità.
I fiori li raccolgo nella Riserva San Massimo, li metto in infusione o in essiccatrice creando delle specie di chips. Li tratto sempre a freddo in modo da non alterarne il sapore.
Quando, alla fine, vediamo i due bellissimi piatti affiancati ci viene subito in mente questa spiegazione, letta sul sito della Fondazione Riccardo Catella:
“Il nome del ristorante è ispirato alla figura di Don Giuseppe Gervasini, detto el pret de Ratanà, prete-guaritore vissuto nella prima metà del Novecento. Figura controversa e difficile da decifrare che rimane nella memoria di migliaia di milanesi come un religioso che curava con le erbe coltivate in giardino, scontroso e grossolano, ma anche sempre disponibile verso tutti.”