LASAGNETTA CONVIVIALE

di Federico Sisti
Antica Osteria il Ronchettino

Sublime food design piatti Federico Sisti

Lasagnetta con ragù di vitello,
midollo e pomodori datterino

Il Ronchettino ha l’aspetto di un vecchio casale ricoperto di edera le cui sale interne si intrecciano ai numerosi spazi esterni, innestati l’uno nell’altro come una scatola cinese di piccoli cortili e salottini dall’aria molto accogliente. Ovunque è sparsa una pioggia di lucine che gli danno un’aria un po’ magica. Soprattutto in quest’ora di quiete in cui è finito il fermento del pranzo e le preparazioni per la sera non sono ancora entrate nel vivo.
Mentre siamo all’ingresso a montare il nostro set, curiosiamo tra le sale arredate in una maniera che potremmo definire “country chic” se non fosse che questo posto, sebbene molto elegante, è chiaramente molto più genuino di così.

Ne abbiamo la conferma quando lo chef Federico Sisti salta fuori dalla cucina e ci accoglie iniziando a chiacchierare con noi e offrendoci il caffè come farebbe un amico in casa sua.
È una persona diretta ed energica, con un bell’accento romagnolo in grado di farti sentire immediatamente a tuo agio.

Ci accompagna in cucina dove comincia subito a fare spazio per preparare la pasta fresca che costituirà la base del piatto che vuole presentarci oggi.

La pasta per me si lega al ricordo delle giornate passate in famiglia a preparare il pranzo di Natale. Cominciavamo nel primo pomeriggio e si continuava per tutto il giorno, stappando bottiglie di vino man mano che arrivavano i commensali.

Il ricordo e il recupero della tradizione sono i temi portanti della cucina che Federico Sisti propone: la ricerca di un equilibrio tra le ricette delle proprie origini e quelle ereditate da Patrizia, la proprietaria del ristorante della quale ha preso il posto in cucina.
A tutto questo, però, si intreccia un altro filone: quello della sua storia personale e dei viaggi fatti nel corso degli anni, ciascuno dei quali ha lasciato una traccia e delle suggestioni che arricchiscono ed influenzano il suo lavoro.

Da quando sono entrato al ristorante, circa un anno fa, assieme a Patrizia e i suoi figli abbiamo deciso di creare il gioco del doppio menù: “Milano” e “Fuori Milano”. Il primo raccoglie tutti i piatti storici Lombardi come il risotto giallo con l’ossobuco o i modeghili preparati con il bollito e fritti nel burro chiarificato, proprio come si facevano una volta.
L’altro invece è nato per dare spazio alle contaminazioni con altre culture. Il migliore esempio sono i Nervetti alla griglia marinati nella salsa di soia e lime, serviti con crema di carote e zenzero. Un piatto in cui confluiscono Asia (soia e zenzero), Caraibi (lime) e Italia (nervetti).

Mentre racconta, stende velocemente l’impasto e ne utilizza delle piccole parti per mostrarci i diversi tipi di chiusura dei ravioli e le loro caratteristiche. Il tutto sotto lo sguardo di Simone Zanon, il sous chef con cui spesso nascono le idee per nuovi ripieni come quello di anguilla marinata e cavolfiore o quello al sedano rapa, ragù d’anatra e foie gras.

Il nostro modo di procedere è abbastanza estemporaneo: mentre cuciniamo buttiamo giù delle idee, confrontandoci fra noi o proponendo all’altro di usare nuovi ingredienti quasi per sfida. I nostri piatti nascono dal lavoro, attraverso esperimenti e intuizioni. Difficilmente li pensiamo a tavolino. In quest’anno abbiamo lavorato come in una famiglia: cercando di condividere i nostri ricordi e collaborando per mettere a punto il menù.

La pasta ha un colore squillante che tende quasi all’arancione, è molto bella da vedere. Lo chef ci spiega che è merito delle uova freschissime acquistate nelle cascine dei dintorni. Tutti gli ingredienti che usa sono scelti con grande cura e, per ognuno di essi, vengono selezionati i produttori che offrono le materie meno processate e più pure. Per questo motivo esamina personalmente anche tutta la filiera produttiva.

Cerchiamo di riprendere i prodotti del territorio e modernizzare un po’ le ricette. Non usiamo fattori chimici: la nostra è una cucina naturale come quella della nonna. Abbiamo voluto riportare Il pensiero di una volta in un mondo contemporaneo.

Nel frattempo Federico ci mostra con orgoglio i pentoloni che bollono sul fuoco e ce ne fa sentire il profumo. Nel primo sta cuocendo della trippa di cui ci offre una scodella per merenda, con nostra grande soddisfazione. Nell’altro c’è una specie di brodo che, ci spiega, è frutto di una preparazione lunghissima in cui viene fatta ridurre tutta la carne che non viene utilizzata per le altre ricette assieme alle ossa e ai tagli meno nobili. Perché non si butta via niente.
Il tutto viene fatto restringere creando un jus che si usa come una specie di dado naturale o come condimento per alcuni piatti, tra cui la lasagnetta che va mano a mano componendo nel piatto davanti a noi.

È la lasagnetta classica del pranzo domenicale che per me rappresenta l’idea stessa di convivialità. La ricetta è quella romagnola delle mie origini di cui il piatto mantiene le consistenze sebbene con qualche variazione: ad esempio nel il ragù io e Simone abbiamo voluto aggiungere ingredienti di stampo lombardo come midollo e carne di vitello tagliata a coltello.

Mentre le lasagne sono a gratinare nel forno, ci mostra anche il pane e i panettoni che fa sempre lui usando la pasta madre. Spiega che si tratta di un lievito capriccioso che si lascia influenzare da tanti elementi come ad esempio la temperatura e quindi, ogni tanto, è un po’ pigro. “Quando il lievito lavora lentamente”, aggiunge con un sorriso, “ci tocca stappare una bottiglia e stare qui ad aspettare il pane fino a tardi.” Lo dice tranquillamente, senza lamentarsi. Si vede che ama il suo lavoro.

È stancante ma la soddisfazione di un cliente che ringrazia per avere mangiato bene o gli apprezzamenti dei proprietari ripagano delle fatiche. Anche vincere alcune sfide e raggiungere un buon livello nel ristorante in cui si lavora da molta soddisfazione. Io per esempio ho mantenuto ottimi rapporti con tutti gli chef coi quali ho lavorato, spesso ci sentiamo anche per scambiarci ricette.

Su questo non abbiamo dubbi: anche noi siamo rimaste lì tutto il pomeriggio e non vediamo l’ora di tornarci.