COTOLETTA ALLA MILANESE
di Paolo Reina
Antica Trattoria del Gallo

“Cotoletta alla milanese con erbe di campo.”
Arriviamo all’Antica Trattoria del Gallo all’incirca all’ora di pranzo, bagnate fradice dalla pioggia. È un locale caldo ed elegante, con una moltitudine di bottiglie di ogni forma e colore esposte ovunque e tanti piccoli galletti, uno diverso dall’altro, disseminati sui tavoli.
Quando incontriamo lo chef Paolo Reina, per prima cosa, ci offre con grande gentilezza di sederci e mangiare qualcosa. Propone di lasciare a lui la scelta e, naturalmente, noi non ci opponiamo.
Quella che arriva in tavola è una selezione di ricette tradizionali, dai mondeghili alla vellutata con le lumache, una più deliziosa dell’altra e tutte impiattate con molta cura e una splendida varietà di colori. Mentre mangiamo, lo chef ci raggiunge per confrontarsi con noi sulla scelta del piatto da preparare per Sublime.
Il nostro piatto più famoso è il Pollo alla diavola ma preferisco escluderlo perché viene sempre male in foto. Altri di quelli che preparo abitualmente sono molto belli da vedere, come ad esempio queste lumache. Ma siccome io porto avanti un’idea di cucina tradizionale in un ristorante dalla storia centenaria, penso che la cotoletta sia più rappresentativa.
Ci accompagna in cucina dove, con calma e precisione, inizia a raccontare del suo lavoro.
La mia attività si basa sulla tradizione introducendo solo le innovazioni date dall’affinamento di alcune tecniche che servono a rendere più salutare il piatto. Cose che un tempo non si sapevano. Ad esempio per friggere usiamo il burro chiarificato, che non brucia e permette una cottura migliore, priva di residui cancerogeni. I cambiamenti dovrebbero sempre servire a migliorare, non a stravolgere.
Ha un bel modo di fare, serio e ironico al tempo stesso. Stiamo ad ascoltare volentieri mentre nell’aria si diffonde un favoloso profumino di burro rosolato.
L’alta cucina può esibire tecniche particolari e invenzioni scenografiche solo quando si basa su una conoscenza solida e forte delle basi. Allora diventa interessante. L’inventiva senza una grammatica è solo una forma di esibizionismo che non ha abbastanza sostanza per durare. La mia cucina invece si basa completamente sulla tradizione, per gusto e forme.
Durante la preparazione ci spiega ogni passaggio: la cotoletta è parzialmente battuta in modo da mantenere una certa altezza ma non tanta da rendere necessaria una precottura sottovuoto come talvolta viene fatto. Bisogna girarla una volta sola per evitare che il pane si sparga in giro e si deve irrorare continuamente la parte vicina all’osso perché non rimanga più cruda del resto.
Si tratta di manovre semplici ma che vanno ripetute sempre con la stessa precisione. La cotoletta è impossibile sbagliarla, purché si lavori nel rispetto della tecnica e facendo un’accurata scelta degli ingredienti.
Il rispetto della tradizione, ci dice, passa anche dal tipo di ristorazione che un locale può offrire: c’è una differenza strutturale tra i ristoranti che puntano sui percorsi di degustazione e quelli il cui lavoro si basa sulle scelte “alla carta”, come avviene in generale nelle trattorie.
Nel primo caso la dispensa è più scarna ed è più facile calcolare le risorse, nel secondo invece tutto ciò che è in carta deve essere costantemente disponibile, dunque gestito e conservato correttamente. Ogni ingrediente va inoltre lavorato nei modi e tempi giusti “a richiesta” senza possibilità di prevedere quale sarà il consumo.
Come cliente apprezzo molte le forme di cucina performativa in cui lo chef mette in scena uno spettacolo, ma come cuoco preferisco lavorare in altro modo. A me piace fare un tipo di cucina dove la gente sceglie da sé quello che desidera mangiare.